Una compagnia di teatranti guidata dalla contessa Ilse arriva alla villa detta La Scalogna dove vive uno “strano” mago che dà loro rifugio. Ma chi è Cotrone? «Lo sanno tutti, è lo stesso Luigi Pirandello» scrive Gabriele Lavia nelle note di regia. «Ma Cotrone è anche qualcosa di più. È colui che vive rifugiato o emarginato nella propria illusione che il Teatro possa essere il Luogo Assoluto. Fuori da ogni contaminazione. Lontano da quei Giganti, da quelle “forze brute”, da quegli uomini (forse noi stessi!) che mettono paura solo a sentirli passare al galoppo!... I Giganti sono uomini che hanno dimenticato la coscienza della loro origine. Snaturati dal non voler conoscere se stessi. E dunque non possono far altro che continuare a uccidere la “poesia originaria” nata come specchio dell’uomo... uccidere il Teatro. Ma il finale “non scritto” vorrei che fosse una speranza, meglio, una certezza laica, che “la poesia non può morire”».