Saremo in molti a chiederci anche dopo il centenario quanto attuale rimarrà Pasolini, cosa di lui sarà ancora vivo e cosa ingiallito, cosa ancora portabile e cosa riporre nell’armadio in attesa di tornare in auge come modernariato. Non so dare a questa domanda una risposta se non con questo spettacolo ordito insieme a Luigi Lo Cascio, da tanti anni prediletto compagno di ventura.
Si tratta di una cernita nell’opus pasoliniano immenso che non ha certo l’ambizione di dire tutto né fornire il quadro nemmeno abbozzato, ma di scegliere cosa abbiamo scoperto per noi di indispensabile, al punto da riassumerlo nel vocativo con cui lo chiamavano i ragazzi: a Pa’, per invitarlo a tirare due calci di pallone o chiedergli di fare una comparsata in un film. Lo spettacolo cerca di dar conto proprio di questa sua disperata attualità, senza preoccuparsi troppo di apparire parziale o arbitrario. D’altra parte ognuno ha il suo Pasolini, com’è giusto che sia, e questo non è che il nostro.
Marco Tullio Giordana