La sposa blu è liberamente ispirata alla fiaba di Barbablù raccontata da Charles Perrault. È una «scrittura di scena» che vede interagire una performer e tre preziose marionette degli anni ’40, appartenenti alla storica collezione Toselli e custodite presso l’Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare di Grugliasco (To).
Lo spettacolo è costruito su una drammaturgia composita e multidisciplinare che attinge alla danza, al teatro fisico e di figura e alla sperimentazione. La sposa di Barbablù non vuole conformarsi al classico femminile delle fiabe e omologarsi ai dettami del brutale consorte. Opta così per una sorta di «legittima difesa» e si oppone al violento destino cui il marito vorrebbe consegnarla. «Puoi aprire soltanto le porte delle stanze che dico io», ripete Barbablù impostando la relazione affettiva all’insegna del possesso, della paura e del controllo. È dunque nel rifiuto di questo ricatto che la Sposa blu decide di aprire la porta segreta, al di là della quale scopre i corpi occultati delle precedenti marionette-spose. Queste tornano in vita, scivolano dentro un racconto sospeso tra fiaba e realtà, dove l’elemento della trasgressione assume il valore di una redenzione salvifica.