OBLIVION RHAPSODY

Divertimento intelligente e brillante: ecco il frullatore degli Oblivion

Recensione:
Oblivion © Giorgio Misini

Gli Oblivion non sono dei contaminatori di generi musicali e teatrali: sono loro stessi una contaminazione vivente. I loro spettacoli sono un guazzabuglio di suoni, note, parole, gesti, azioni, rumori, apparentemente senza capo né coda.

Durante i loro show ti ritrovi in una caduta verticale nel non-sense, nell’assurdo, senza paracadute: per poi scoprire che in realtà ti stai muovendo in orizzontale passando da un genere musicale a un altro, da un genere letterario a un altro, da un’epoca all’altra, seguendo il filo delle citazioni e dei rimandi. Oblivion Rhapsody, l’ultimo spettacolo del gruppo bolognese, conferma tutto il loro repertorio di 10 anni, lo riassume, lo condensa in un’ora e 40, e lo rilancia. Lo spettacolo è vorticoso: non fai in tempo a capire una citazione, che sei già a quella successiva.


Potremmo definirlo “pop-demenziale”: in ogni caso, si ride parecchio. Di solito gli Oblivion usano basi musicali: stavolta hanno scelto di fare tutto unplugged, mettendosi in gioco anche come musicisti. In realtà gli strumenti veri sono solo tre: il resto sono oggetti a casaccio.

In casa Oblivion tutti fanno tutto

Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli sono attori, cantanti, musicisti, mimi, cabarettisti, clown, imitatori. Non passano da una specialità all’altra: fanno tutto insieme. Dicono di ispirarsi al Quartetto Cetra, a Giorgio Gaber e ai Monty Python, ma sono molto più accelerati. Il regista Giorgio Gallione cura la messa in scena, ma poi fa la cosa più sensata: lascia le briglie sul collo a questi cinque scatenati.

Teatro, cinema e musica tutto insieme

Lo spettacolo? Immaginate di prendere la letteratura dall’anno mille a oggi; aggiungete la televisione, il teatro, il cinema, la musica colta e popolare dell’ultimo secolo: poi mettete tutto nel frullatore. Vi ritrovate le parole di Shakespeare dentro le canzoni di Gianni Morandi; I Promessi Sposi con Lucio Dalla, i Queen, i Beatles, Marco Masini, Umberto Tozzi e chissà chi altro; la Bibbia condensata; Mina che esce fuori da tutte le parti. Letteratura trasformata in trailer cinematografici, smontati e rimontati in modo assurdo. 

E’ un divertimento brillante e intelligente, ma colto solo fino ad un certo punto: in realtà è una spolverata di tutto, prediligendo temi nazionalpopolari. C’è lo svacco: come il M’an do vai, se la banana non ce l’hai? che scatta appena qualcuno dice la parola rivista. O lo scopino del wc usato come microfono.


Ma è anche maestria. Provate voi a fare una conversazione tra cinque persone, che si chiamano A,E,I,O,U. Ogni persona pronuncia frasi di senso compiuto, ma con parole che contengono un’unica vocale: la sua. E avete mai cantato una canzone pronunciando solo le vocali o solo le consonanti?

 

Visto il 28/11/2021
al teatro Ivo Chiesa di Genova (GE)

Oblivion Rhapsody
Intrattenimento
Informazioni principali
Regia
Giorgio Gallione
Protagonista
Oblivion

Paolo Fizzarotti

  Redattore

Giornalista professionista del gruppo Gedi GNN, prima al Gruppo Editoriale L’Espresso/Finegil. In quasi quarant’anni di lavoro in redazione ha scr...

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