Quello su Nietzsche e sulla tragedia greca è un percorso che da tempo, ormai, contraddistingue il lavoro del Teatro Akropolis e dei suoi due drammaturghi Tafuri e Beronio. Morte di Zarathustra, più che uno spettacolo, nelle intenzioni (la performance dura appena 40 min.) e nella pratica rappresenta l’esito sulla scena di uno studio, di una riflessione, di un percorso su Nietzsche e la nascita della tragedia.
Un lavoro in continuo divenire sul quale il gruppo sta ancora studiando, come si intuisce. Sulla scena, delle presenze totalmente al buio accolgono gli spettatori (non più di 30 per volta) tra versi, gemiti, rantoli quasi animaleschi, coinvolgendo lo spettatore in una sorta di primitivo rito ditirambico. Entità di cui si intuisce la presenza ma che non si palesano fino in fondo, quasi a voler mantenere lo spettatore in una dimensione di estrema inconsistenza.
Ma ecco che, gradualmente, si alzano le luci e dalle tenebre affiorano quattro corpi, quelli di Luca Donatiello, Francesca Melis, Alessandro Romi, Felice Siciliano. Al centro della scena, accerchiato dagli altri attori, Alessandro Romi che in una sfrenata e bestiale danza si contorce sbattendo le braccia e la testa per terra in modo quasi isterico. Sulla scena, unico elemento scenografico, un cassone (ricorda quasi un altare sacrificale) sul quale si incontrano e si scontrano, attorcigliandosi, i corpi, in una danza di abbracci, di bocche che si sfiorano, di pose sensuali ma mai eccessivamente volgari.
Una performance di corpi dove i movimenti, i gesti raccontano ed evocano più di qualsiasi parola; l’unico momento “parlato” è affidato alla voce di Francesca Melis, attraverso cui parla Zarathustra.
Il tutto poi torna ad essere tenebra, lasciando allo spettatore la consapevolezza di aver preso parte ad un rituale che certamente è solo una tappa di un percorso ancora in divenire.
Visto il 29/05/2015
al teatro Akropolis di Genova (GE)
