«Ma non vedi che razza di ladro deforme è la moda?»
Con questa battuta, forse più che con ogni altra in “Molto rumore per nulla”, Shakespeare pare rivolgersi direttamente al pubblico consentendo, con la consueta geniale ironia, che sia il dialogo tra due personaggi minori ad abbracciare, con una semplice considerazione, l’intera commedia.
La moda, intesa come elemento di ipocrisia e conformismo, finisce secondo l’autore per spogliare l’uomo dei suoi sentimenti più spontanei e genuini; dunque per costituire una condanna all’ansia, all’insoddisfazione. «Siate felici, siate spavalde», cantano infatti a più riprese Ero e Beatrice, protagoniste dell’intricata vicenda, per assicurarsi di non perdere di vista, scosse dagli eventi, la stella polare della sincerità e della schiettezza.
L’interpretazione del regista Alberto Giusta mette sapientemente in evidenza la modernità della commedia shakespeariana (che si fatica a credere datata 1599), soprattutto attraverso la valorizzazione della figura di Beatrice (brillantemente interpretata da Mariella Speranza), che incarna, a tutti gli effetti, un modello di donna al contempo dolce e forte, profondamente indipendente.
La scenografia è statica: sono i movimenti dei personaggi, che si avvicendano con ritmo serrato in scena, a garantire di tenere sempre ben desta l’attenzione degli spettatori, complice anche l’ottima realizzazione di alcune scene di intermezzo, capaci di strappare più di una risata senza disturbare minimamente il fluire sicuro della narrazione.
Lo spirito della commedia pare pienamente rispettato: un testo a prima vista leggero, ma per nulla banale. Non è banale infatti l’esortazione a mettersi in gioco, gettando alle ortiche, se necessario, la maschera indossata per lungo tempo.
Ancor più originale e arguto mostrare come la soluzione di una situazione tanto intricata, che coinvolge principi e conti, non sia dovuta soltanto alla rettitudine dei protagonisti, ma anche al quotidiano lavoro degli umili e persino al rimorso dei malvagi. In una certa misura, anche al caso.
Profondo infine suggerire che un comportamento sincero e coerente non sia garanzia di salvezza e neppure semplice obbligo morale, ma piuttosto il miglior modo di dialogare, in amicizia, con gli eventi, in attesa di una buona occasione per poter abbracciare la felicità. Attenti anche, per dirla ancora con Shakespeare a «non fare il ponte più largo del fiume».
Visto il 09/10/2012
al teatro Eleonora Duse di Genova (GE)
