"Una storia di rabbia e d'amore", così Laura Curino definisce il proprio lavoro.
Una dichiarazione d'intenti mantenuta fino all'ultima parola, all'ultimo gesto di una narrazione appassionata ed emozionante.
Rabbia perché la consapevolezza che le particelle di amianto fossero una "malapolvere" era cosa già nota dal '42 (la Germania nazista dà i primi risarcimenti agli operai) ma stra certa negli anni 60 quando in America era ormai chiara l'associazione tra la "polvere" di amianto e il mesotelioma (cancro alla pleura) e l'asbestosi (malattia polmonare cronica). Rabbia perché in nome dello sviluppo economico dal 1906 al 1986 l'Eternit, la fabbrica di Casale Monferrato, ha continuato ad "incipriare" città e persone. La nuova ricchezza, la possibilità di acquistare beni e progresso era così entusiasmante per tutti che alla "poudre" ci si faceva poco caso: tanto in casa con il bell'aspirapolvere americano si stava nel pulito. Rabbia perché per la Curino "Eternit è solo uno dei casi in cui è presente il dolo, la malignità del comportamento omicida finalizzato a produrre benessere che poi invece ci fa ammalare!".
Amore, amore ce n'è tanto: per la città a cui appartiene per origini e che si è stretta per lottare, per le storie delle persone che chiedono di essere raccontate, per il teatro a valenza civile, per "le persone dell’Associazione familiari vittime amianto di Casale, che sono coraggiose, sorridenti, ma inesorabili nel loro aspettare giustizia!". Con le parole della Curino: "Amore per la vita di tutti noi”.
Rabbia e Amore miscelate in un allestimento semplice dove l'evocazione dei fatti, dei sentimenti è tutta nella capacità affabulatoria della Curino. Come un esperto cantastorie ci porta all'interno di un mondo di favola e poesia dove sono gli oggetti a raccontare: l'antico albero del parco, l'acqua (del Po, dei torrenti, della neve, della nebbia, quella potabile), la torre cittadina, il cavallo della statua di Carlo Alberto (e lui stesso) la fontanella dell’ospedale che, il castello... Ogni racconto ha una propria tinta: voce musica e video (proiettati su 4 pannelli girevoli a fondale) perfettamente accordati per rendere palpabile l'impalpabile - come l'entrata in fabbrica degli operai alle 4 del mattino tra la nebbia e le polveri - per coinvolgere il pubblico su un ricordo, un'atmosfera, un'emozione - la rabbia della torre civica e le imprecazioni bibliche della fontanella.
E per chi potrebbe pensare che l'artificio favolistico-poetico non sia sufficiente ci sono anche fatti, dati; nomi e cognomi dei responsabili (Stephan Schmideiny e del barone belga Louis de Cartier de Marchienne), di chi lotta per la giustizia (Romana Blasotti Pavesi, Bruno Pesce, Nicola Pondrano, delle vittime (1800 fino ad oggi, ma l'apice si avrà nel 2020); analisi del contesto sociale; testimonianze e le fasi dei processi: l'ultimo il 13 febbraio 2012 si è concluso con una sentenza a 16 anni di carcere.
Insomma, uno spettacolo importante per rammentare e "restare svegli" che la malapovere dell'uomo è subdola...
Visto il 22/02/2012
al teatro Eleonora Duse di Genova (GE)
