Napoli, Teatro di San Bartolomeo, stagione di carnevale del 1724. Il giovane Pietro Metastasio consegna alle scene il primo d'una lunga serie di drammi per musica, Didone abbandonata, collocando al suo interno, tra un atto e l'altro com'era uso all'epoca, gli intermezzi buffi de L'impresario delle Canarie.
Entrambi si avvalgono delle musiche di Domenico Sarro, compositore di vent'anni più anziano e già ben affermato; son due libretti che avranno vita lunga, perché l'esordiente drammaturgo rivela sia un fertile estro poetico, sia la capacità di organizzare vivide e calibrate macchine teatrali.

Torneranno in scena più volte, anche nelle numerose declinazioni musicali affidate ad altri musicisti. La Didone arriverà persino nelle mani di Saverio Mercadante, addirittura due secoli dopo; L'impresario sarà musicato altre sei volte nel ventennio successivo, cimentandovisi fra gli altri Padre Martini e Leonardo Leo.
Alla ricerca di una canterina virtuosa
La trama è assai esile: il facoltoso Nibbio vuole scritturare la celebre virtuosa Dorina; è disposto a sopportarne i capricci, purché accetti di esibirsi in un lontano teatro. Certo, la qualità de L'impresario delle Canarie non è assolutamente paragonabile a quella de La serva padrona - vetta insuperabile del genere - o di Livietta e Tracollo di Pergolesi. Nondimeno visto in scena – siamo al Teatro Zancanaro di Sacile, nell'ambito del Festival MusicAntica 2021 - i suoi pregi li mette in mostra.
La satira feroce del mondo teatrale, delle sue convenzioni e dei suoi malcostumi non raggiunge il vetriolo del libello Il teatro alla moda di Benedetto Marcello apparso qualche anno prima, ma poco ci manca; e le invenzioni di Sarro, nel sottolineare musicalmente tanto le isteriche bizze della diva quanto la prosopopea dell'impresario, centrano bene il bersaglio. Esempi probanti, l'arzigogolata cantata in cui Dorina si esibisce nella prima parte, e l'aria La farfalla che all'oscuro che Nibbio canta nella seconda, piccolo centone di stereotipi dell'opera seria.
Tre ingredienti per un'esecuzione ideale
L'esecuzione offerta al Teatro Zancanaro in questo scorcio d'agosto poggia su tre solide basi. L'apporto di un ensemble strumentale rodato e duttile, competente del repertorio barocco: il Cenacolo Musicale (Giacomo Catana e Mauro Spinazzè, violini; Alessandra di Vincenzo, viola; Giulio Padoini, cello; Michele Gallo, violone) guidato al cembalo con elegante souplesse da Donatella Busetto, responsabile pure della vivida concertazione dell'operina.
Poi, la presenza sul palcoscenico di due giovani, efficienti voci: quelle del soprano fiorentino Martina Barreca e del baritono sardo Niccolò Porcedda. Interpreti consoni al lessico barocco, emersi in un concorso internazionale svoltosi qui a giugno, hanno dimostrato spiccata verve attoriale e buona inclinazione al canto di colore.
Terzo importante ingrediente, infine, la vorticosa e spiritosa regia di Cesare Scarton ed Eva Hribernik, che ha valorizzato sia il lavoro dei cantanti, sia il brioso allestimento scenografico – un perpetuo richiamo a figure divistiche – frutto della fantasia degli allievi della Scuola di Scenografia dell'Accademia di Belle Arti veneziana, coordinati dai docenti Nicola Bruschi e Lorenzo Cotùli. Mimi e servi di scena Gemma Dorothy Aquilante, Anna Bianchin, Alice Poppi.
Visto il 30/08/2021
al teatro Zancanaro di Sacile (PN)
