In quale direzione stiamo andando? Il nostro futuro è scalfito dagli echi di un passato oscuro? Queste le domande che emergono da La Mia Battaglia, energico monologo interpretato da Elio Germano e scritto a quattro mani con Chiara Lagani.
Un palco spoglio ospita solo un leggio e uno sgabello. L’attore fa il suo ingresso dalla platea, saluta educatamente gli spettatori e li diverte con aneddoti.
“Se il teatro fosse una nave alla deriva e gli spettatori si ritrovassero nella condizione di naufraghi su un’isola deserta cosa accadrebbe?”. Con queste parole, Germano rompe all’improvviso il clima leggero di quello che sembrava essere un divertente one man show.
Si entra subito nel vivo dello spettacolo affrontando controversie attuali: mancanza di comunicazione, assenza di responsabilità, paura dell’altro. Poco alla volta, l’elenco dei problemi aumenta: scuola, immigrazione, il futuro incerto dei giovani. Dalla platea s’inizia a intuire una certa piega politicizzata e la curiosità cresce.

Trittico della società odierna
Ma quando si crede di aver capito il senso dello spettacolo questo prende un’altra direzione. Germano lascia le coscienze per farsi trittico umano della società odierna. Infatti, con la persuasione dell’ipnotizzatore, dell’esperto di televendita truffaldino e del politico corrotto, suggerisce soluzioni estreme per la salvezza del popolo italiano.
Come in una sorta di esperimento sociale, che ricorda il film “L’onda” di D. Gansel, Germano diventa leader/dittatore di una fatiscente comunità teatrale e, nel bel mezzo di un comizio fascista, esorta con energia alla libertà e abiura una democrazia dove tutti hanno diritto di parola, ma nessuna competenza.

Il manipolatore
Il clima è teso, l’attore invoca nervoso la supremazia degli italiani e il pubblico è confuso, alcuni spettatori vanno via, altri applaudono timidamente. La platea è affascinata e, al tempo stesso, terrorizzata, forse perché non tutti riescono a cogliere subito i chiari riferimenti a uno dei capitoli più tetri dell’umanità, o forse perché vittime di un efficace Germano che sperimenta la manipolazione e sbraitando rievoca la parola ‘razza’.
In ogni caso la provocazione teatrale è ben riuscita. Lo spettacolo dimostra come in una società marcia, dove apparire conta più che essere, dove parole come massa e democrazia vengono strumentalizzate e dove i giovani vedono appassire il futuro, basta poco per far sì che la storia e i suoi orrori rifioriscano.
Visto il 26/03/2019
al teatro Ambra Jovinelli di Roma (RM)
