Il processo dinamico delle relazioni uomo-ambiente è l’elemento chiave alla base del percorso di ricerca artistica ed espressiva che ha guidato la drammaturga Anouscka Brodacz nel percorso di costruzione dello spettacolo In–Habit, interpretato dalla danzatrice e coreografa Francesca La Cava.
Il non-luogo dell’essere
La performance è l’esito del terzo studio sul concetto di muro e ha come tema centrale la pelle, intesa come barriera, corazza che protegge e separa, ma al contempo come confine valicabile che permette la conoscenza e l’incontro con “l’altro da sé”. La danza rappresenta il mezzo attraverso cui il corpo prende gradualmente forma, passando attraverso stadi primordiali e universali.
Lo spettacolo si sviluppa intorno all’installazione scenica di Gino Sabatini Odoardi che riproduce un paesaggio surreale, a tratti lunare, un non-luogo dalla forte valenza onirica ed evocativa. I panneggi che scendono dal soffitto “abitano” questo luogo e assumono di volta in volta una diversa identità, affidata alla personale chiave di lettura dello spettatore. In questo habitat assistiamo alla nascita di un essere vivente, alla sua venuta al mondo, alla sua attitudine ad esplorare e abitare un universo a lui sconosciuto.
Una danza concettuale e astratta
Sulla scena una danza astratta, ancestrale, fatta di movimenti che rimandano in parte a una gestualità quotidiana e nota, e nel contempo a una forma di astrattismo concettuale. Francesca La Cava porta sul palcoscenico il percorso di conoscenza di sé di un essere vivente che sceglie di oltrepassare il confine che lo separa dal mondo esterno, per conoscerlo gradualmente. I gesti sono inizialmente autoreferenziali, ricordano forme di vita ancestrali; il corpo, coperto da un lenzuolo, rimanda a vulcani, alghe, pesci. Solo successivamente assistiamo alla sua rivelazione, alla scelta di superare il muro e usare il corpo come strumento di relazione e conoscenza.
Visto il 29/01/2019
al teatro Piccolo Bellini di Napoli (NA)