La comicità non è mai stata solamente fonte di distrazione e divertimento, ma è sempre riflessione, sguardo attento sull’uomo e sulle su contraddizioni. La satira, anche quella di ieri, può esattamente ritrarre la società di oggi, e di questo non c’è da meravigliarsi. La messinscena di commedie straordinarie come “Il malato Immaginario” di Molière, manifesta, nonostante siano passati secoli da quando il famoso drammaturgo francese ha ideato questa storia, quanto le vicende raccontate siano ancora attualissime, senza tempo. La figura di Argante, dell’ipocondriaco che crede di essere affetto da chissà quanti mali, appartiene oramai al nostro immaginario collettivo. Chi non si è mai creduto malato? Chi non si è mai convinto di essere ciò che non si è, a causa della suggestione? Il nuovo spettacolo del Teatro Kismet Opera si confronta proprio con Molière: Il malato immaginario ovvero Le Molière imaginaire di Teresa Ludovico è agile e originale riscrittura, in cui le vicende sono dislocate dalla Francia del ‘600 a una casa del Sud Italia. La commedia è senz'altro spassosa e, pur restando fedele all’originale, ci appare profondamente moderna. Tutto conferisce maggiore risalto e caratterizzazione ai personaggi, reinventati in modo esilarante: una moglie avida d’eredità che veste un look a metà strada tra il sadomaso e la strega cattiva; una serva dalla parlata napoletana, impicciona ma ingegnosa, che come ogni “servo astuto” che si rispetti, saprà aiutare il suo padrone a escogitare la beffa per svelare la vera natura dei personaggi; la schiera degli infimi dottori, che si servono di magniloquenti paroloni in latino per derubare chi ha cieca fiducia nella medicina; un Pulcinella napoletano interpretato da Marco Manchisi, che diventa anche il servitore tutto fare di Molière personaggio, e che nel prologo e nell’epilogo si fa portavoce del senso malinconico della commedia; e Argante, infine, interpretato mirabilmente da Augusto Masiello, che ha paura della malattia ma che di essa non può fare a meno. La messiscena, già di suo, regge sui classici meccanismi del riso, ma l’interpretazione degli attori e le spiritose trovate registiche conferiscono allo spettacolo estro e originalità e lo rendono ancora più godibile. Le luci, disegnate con maestria da Vincent Longuemare ci ammaliano coloristicamente, s’affidano ad un sapiente gioco di contrasti, di bianchi e neri delicatissimi, di rossi accesi, di sprazzi viola e azzurri onirici; non smettono neanche per un istante di appagarci visivamente. La scenografia non integra e fa da sfondo, ma è elemento, chiave di volta, sostiene i personaggi che balzano, sbucano, s’infilano, e rotolano dalla straordinaria pedana piramidale al centro della scena. Bari, Teatro Piccinni, 12 febbraio 2009
al teatro Garibaldi di Bisceglie (BT)
