Una performance coinvolgente, in cui Goran Bregovic e la sua Wedding & Funeral Orchestra si sono esibiti senza sosta per tre ore. Quattro archi, fiati tzigani, percussioni folcloristiche, cantanti uomini in abito nero, coro di donne in abiti tradizionali serbi; infine lui, Bregovic, in candido bianco, che lega insieme un’orchestra tutta allegria e malinconia.
Si comincia con brani cinematografici, il primo scritto per il film francese La Regina Margot, con musiche non sempre dolci bensì acidule e pungenti, in cui anche il solo schiocco di dita diventa suono e le voci sono disperatamente intense. Poi il tocco deciso di Bregovic trasforma i suoni scuri e commoventi in grida di gioia e avvicina l’orchestra intera al pubblico; il quale reagisce positivamente in un crescendo di battimani e sorrisi. Il coro tocca gli apici delle possibilità vocali e il pubblico tocca gli apici delle più disparate sensazioni.
Musica sacra, canzoni contro la guerra, colonne sonore, sonorità gipsy: ascoltando Bregovic si scopre quanto le barriere tra queste eterogenee tipologie non siano poi così nette; così come è facile scoprire quanto le differenze sociali e di provenienza che ci sono tra gli uomini vengano annullate di fronte alla condivisa emozione che si sprigiona nell’aria. Il segreto di Bregovic è proprio questo: unire tutti, dai gipsy ai serbi, dai giovani agli anziani. Tutti si alzano, l’intero teatro si alza in piedi molto prima della standing ovation, prima dell’applauso finale ci si alza per ballare. E sulle note gipsy è davvero fiesta.
Il concerto si snoda in tango, rumba, Utopia, Bella Ciao, Kalashnikov e si chiude su note calme. Non è solo un bel concerto ma un inno all’unione. Se come dice lo stesso Bregovic Chi non diventa pazzo non è normale ogni tanto, in accezione positiva, è il caso di “impazzire” un po’.
Visto il 25/07/2016
al teatro Politeama Greco di Lecce (LE)
