Immagini, video, optical art, musiche elettroniche, luci psichedeliche, suoni distorti, voci tra l’angelico e il demoniaco, animali. Nulla di nuovo rispetto a quanto la Raffaello Sanzio ci ha abituato a vedere e sentire da anni nelle sue performances. Lo spettacolo-concerto The Cryonic Chants ricorda inevitabilmente, per più aspetti, spettacoli passati della compagnia come “Voyage au bout de la nuit”, adattamento teatrale dell’omonimo romanzo céliniano, concerto per quattro vocalist che trasforma il testo in una pura partitura verbale con grandi schermi circolari sui quali scorrono immagini sfocate di vecchi filmati. “Giulio Cesare” dove l’animale, in questo caso il cavallo, diventa un fondamentale piano di scrittura al centro della scena per trasformarsi, in ”Genesi”, in un produttore di seme in carne e ossa e stramazzare, infine, in una versione meccanica nel già citato “Voyage…”. Qui è il capro a catalizzare l’attenzione dello spettatore, simbolo primigenio della tragedia greca. Questo concerto pensato e creato da Chiara Guidi e Scott Gibbons, compositore americano di musiche elettroacustiche, già collaboratore della Socìetas dal 1998, rappresenta un’evoluzione naturale della Tragedia Endogonidia, progetto di ricerca sull’origine del mistero tragico, al quale la compagnia romagnola ha lavorato dal 2002 al 2004. È, infatti, dagli “scarti” sonori del progetto Endogonidia che nasce l’intuizione dei “Canti Crionici”. In scena il virtuosismo elettroacustico di Gibbons accompagna le voci ben strutturate delle quattro donne, vestite in abiti neri di sapore ottocentesco. Canti di un tempo imprecisato, in una lingua aliena e per certi versi sacra, dove il suono-significante va ben oltre l’importanza del significato; un linguaggio animale. E, infatti, è proprio un capro, l’artefice di questo linguaggio; posto liberamente a pascolare su un diagramma alfabetico (la sequenza degli amminoacidi che regolano la crescita delle corna e dei peli e la putrefazione del capro) l’animale sceglie col muso, in maniera del tutto oggettiva, una lettera dopo l’altra creando, di fatto, la sequenza di parole, sillabe e versi da cui Chiara Guidi ha estrapolato, successivamente, la struttura di questo linguaggio primordiale. Suoni gutturali, versi sussurrati, sillabe alitate miste a rumori stridenti, a timbri e toni distorti che in un crescendo armonioso conducono fino a una melodia distesa ed eufonica, ricca di accenti poetici. In una scenografia ridotta ai minimi termini, dove solo i suoni e i canti catalizzano l’attenzione dello spettatore, va in scena la tragodìa, imperscrutabile, indecifrabile, incomprensibile ma poeticamente affascinante come il mistero della tragedia in fondo deve rimanere. Genova, Teatro della Tosse 11 marzo 2009
al teatro Della Tosse di Genova (GE)
