CO(TE)LETTE

"CO(TE)LETTE"

Recensione:

“Co(te)lette”, ultima creazione della coreografa olandese Ann Van den Broek, è stata presentata in anteprima nazionale il 5 e 6 novembre all’Arena del Sole, in collaborazione con Gender Bender, il festival internazionale dedicato agli immaginari prodotti dalla cultura contemporanea legati alle nuove rappresentazioni del corpo, delle identità di genere e di orientamento sessuale. Già il titolo dello spettacolo evoca la sottile e tragica ironia che lo attraversa, “Co(te)lette” è un gioco di parole, nasce tra la combinazione della parola Colette e la cotêlette (cotoletta in francese), ovvero tra il corpo come simbolo di bellezza sensuale, e il pezzo di carne destinato a essere mangiato, distrutto, destinato alla decomposizione e alla decadenza; ma il titolo è anche un riferimento “ironico” alla costola di Adamo, da cui secondo le Sacre Scritture è stata generata Eva, archetipo e simbolo del desiderio, della tentazione, della perdizione. Questa creazione, che ha vinto il premio Zwaan (Swan Award), il più prestigioso riconoscimento di danza olandese, come “la più emozionante opera di danza della stagione teatrale 2007/08”, analizza i modelli comportamentali umani che scaturiscono dalle passioni più segrete e dalle pulsioni primordiali, mettendone in luce le molteplici sfaccettature e riuscendo a tradurle in movimento, in danza. Una scena spoglia, essenziale, bianca, illuminata da una luce al neon, fredda e asettica. Tre donne, tre corpi, tre anime indissolubilmente legate tra loro, da un filo invisibile: si muovono insieme, come se fossero un unico essere, per poi dividersi e disegnare ognuno la propria storia, il proprio cammino. Gesti ossessivi, ripetitivi, eseguiti all’unisono, sequenze ripetute all’infinito, in un vortice senza fine: tre esseri, tre corpi che si muovono, si dibattono irrequieti, senza sosta tra la tentazione di abbandonarsi completamente al desiderio, alle pulsioni più intime e nascoste e il tentativo di mantenere il controllo, di non perdersi. Sono tre anime condannate all’eterno conflitto tra mente e corpo, lacerate tra l’attrazione, la sensualità, la lussuria, la carnalità, la fama, il successo, la riflessione, la quiete interiore, il controllo. Questo loro intimo conflitto è parte integrante della loro essenza, è intrinsecamente legato al loro essere ed è scaturito da un desiderio che non potrà mai essere appagato completamente: questi tre corpi sono sospesi in un limbo diabolico, in una condizione di instabilità controllata. La ciclicità delle coreografie è intimamente connessa al vortice sonoro creato dalla musica del compositore Arne Van Dongen, che ancora una volta collabora con Ann Van den Broek per creare un tessuto sonoro, un ambiente musicale caratterizzato da sequenze che si ripetono e che rispecchiano l’andamento circolare della corografia e dei conflitti da essa espressi. Tre donne, tre corpi in uno stato di grazia, di drammatica estasi: la carnalità del desiderio e delle pulsioni contrapposte alla bellezza pura e ideale. Le tre danzatrici sono attraversate, possedute da un desiderio irresistibile e incontrollabile di appagamento non solo fisico, ma anche mentale; hanno solo due possibilità, assecondarlo e sollecitarlo o controllarlo e metterlo a tacere. Sono corpi in bilico, vibranti, percorsi da un’energia intensa, totale: sono fragili e caparbi, teneri e ostinati, contradditori, incarnano l’essenza femminile; a tratti sembra quasi che questi corpi siano mossi da una forza altra, quasi fossero “sconessi” dalle danzatrici, come se il corpo avesse una vita a sé stante, esistesse a prescindere dalla danzatrice a cui appartiene. Co(te)lette è inquietudine, irrequietezza, è l’essere frammentario e ostinato della figura femminile, è forza e potenza delle immagini e dei gesti, ma anche fragilità e delicatezza dei corpi: è desiderio crudo e violento, è violenza e candore, seduzione e ingenuità. In questo lavoro il corpo ha una duplice veste, in alcuni momenti è merce di scambio, di seduzione, in altri invece diventa vittima senza parola, che subisce inerme: è molto sottile e fragile il confine tra la consapevolezza della seduzione del proprio corpo e la violenza che può scaturire da una sensualità inconsapevole e involontaria; guardando questi tre corpi di donna non si riesce a capire fino a che punto ciò che provano sia un piacere portato all’estremo, al limite, o se in realtà ciò che anima li anima sia dolore, sofferenza, il puro piacere che supera il confine e diventa violenza, nell’atto, nei gesti, nelle sensazioni: un piacere violento che travolge e stravolge, un doloroso piacere, è come in amplesso sessuale, nell’atto di fare l’amore, dove ci sono momenti sublimi e dolci e momenti feroci e passionali. Labile e ambiguo è il confine tra piacere e dolore, come dicevo non è chiaro fino a che punto ciò che le tre danzatrici provano sia piacere e quando inizia a essere dolore, fino a quando sono parte attiva dell’amplesso e quando iniziano a subirlo passivamente, contro la propria volontà. Ciò che però non bisogna perdere di vista è che, nonostante tutto, la donna ha un controllo totale del proprio corpo, o si illude di averlo, frutto di anni di intenso allenamento quotidiano, e non ama essere messa all’angolo o finire con le spalle al muro, danza intorno all’obiettivo con grazia e determinazione cercando di non rimanere confusa dal profilo abbagliante e apparentemente vincente dell’avversario, se stessa e i suoi impulsi, i suoi desideri inconfessati. L’essenza di questo lavoro è il conflitto scaturito dal desiderio, che ha rinchiuso le tre danzatrici in un circolo chiuso ed eterno, in cui non c’è confronto, non c’è soluzione né fine: un cerchio infinito.

 

Visto il 06/11/2009
al teatro Arena del Sole - Sala Thierry Salmon di Bologna (BO)

CO(te)lette
Danza
Informazioni principali
Regia
Ann Van den Broen
Protagonista
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Valentina Scocca

  Redattore

Laureata in Scienze della Comunicazione, con specializzazione in Discipline Teatrali, Facoltà di Lettere e Filosofia, presso l’Università degli St...

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