BACH HAUS

Bach Haus, un fresco gioiello contemporaneo

Recensione:
Bach Haus © Roberto Moro

Si spegne l'eco del terzetto finale - «Die Katze läst das Mausen nicht...» - della Kaffekantate di J.S. Bach e subito prende avvio al Teatro Malibran di Venezia quel piccolo, delizioso divertissement che è Bach Haus - parole di Vincenzo De Vivo, musiche di Michele Dall'Ongaro - le cui introduzione strumentale ne evoca appunto la musica. Non sarà l'unica citazione: spunteranno anche Puccini, Bizet, Bernstein; e per chiudere, qualche battuta del Quinto Concerto Brandeburghese.

Inevitabile insomma l'accostamento di due lavori distanti nel tempo, vicini nello spirito. In fondo l'esotica (allora) e nera bevanda sta al centro della prima, ambita dalla protagonista Lieschen al punto da porne la piena disponibilità nell'eventuale contratto di nozze. E viene premurosamente servita, ancora ben calda, da Anna Magdalena all'ospite appena giunto in Casa Bach.

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA

Un gioiellino di rara freschezza

Creata al Teatro dell'Opera di Roma oltre vent'anni fa, Bach Haus ha visto nel tempo molteplici riprese. Per ultima questa, approntata in collaborazione tra la Fondazione Fenice ed il Conservatorio B. Marcello. La prima, mettendo a disposizione la sua dotazione di laboratori e di tecnici; il secondo, tutte le forze artistiche necessarie. 


La trama è poca cosa, ma in scena funziona bene: Nibbio, impresario in angustie perché piantato in asso dal compositore J. A. Hasse, deve trovare a tutti i costi un sostituto per l'opera inaugurale di un nuovo teatro. Si reca nella popolosa dimora dei Bach - dove tutti fan chiasso strimpellando uno strumento - per chiedere al capofamiglia, di cui aveva ascoltato al Caffé Zimmerman la suddetta cantata, di comporre per lui un nuovo melodramma. Cosa da farsi in breve tempo, attingendo a piene mani ai suoi archivi musicali.

Questi però respinge l'offerta, affrontare tal genere non è cosa per lui. Il disperato impresario declina la proposta di farlo scrivere al giovane Johann Christian Bach: decisione poco lungimirante, perché l'undicesimo figlio del genio di Eisenach diverrà un discreto compositore teatrale.

Tante forze in erba riunite

Il piccolo e dinamico ensemble da camera del conservatorio veneziano – con Davide Pelissa al cembalo, Michelangelo D'Adamo al piano, Nives Acquaviva al flauto concertante – è ben sorvegliato e diretto, con adeguata sensibilità drammatica e opportuna finezza, da Giovanni Battista Rigon. Nella nostra recita, a cantare e recitare nella Cantata del caffè sono Veronica Prando (Lieschen), Samy Timin (papà Schlendrian), Xie Linting (il Narratore).

In Bach Haus ascoltiamo invece Marcus Bezerra (Bach), Alessia Camarin (Anna Magdalena) e Wang Saolin (Nibbio). Nelle recite precedenti, dedicate alle scuole, si sono avvicendati Roberta Mancuso e Liu Yiru; nonché Li Bohao, Yukiko Shimizu e Ma Haotian. Tutti arrivati dalle aule dell'istituto di Palazzo Pisani, va da sé. Indubbiamente talentuosi oltre che bravi, tenuto conto delle circostanze.

Una messa in scena attraente e spiritosa

Alessia Colosso allestisce una macchina scenografia priva di fronzoli, imperniata su alcuni piani inclinati, mettendoci intorno in grande le note bachiane; Carlos Tieppo realizza costumi semplici ma fantasiosi; buone luci di Fabio Barettin.

Resta da dire qualche parola sulla regia di Emanuele Gamba. La troviamo gradevole, svelta e spiritosa; puntando all'essenziale, ricerca e mette in rilievo le capacità espressive di questi giovani interpreti.
 

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Visto il 18/03/2023
al teatro Malibran di Venezia (VE)

Bach Haus
Lirica
Informazioni principali
Regia
Emanuele Gamba
Protagonista
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Gilberto Mion

  Redattore

Studi ad indirizzo classico. Già collaboratore del quotidiano Il Gazzettino, della rivista Pagine Venete e di altre testate regionali, ha&n...

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