L’effetto Larsen è quel fischio molto acuto che si sente quando microfoni e casse vengono rivolti gli uni verso gli altri. Una specie di riverbero, un suono penetrante, netto, che assume concretezza. Un suono che viaggia da un elemento all’altro, per poi tornare al primo e via di nuovo rimbalzando tra i due: un suono che si accresce ad ogni passaggio, che acquista maggiore consistenza ogni volta che viene preso e rimandato, che si ingrossa e si acuisce. Proprio da questo concetto di scambio e potenziamento progressivo e reciproco ha preso il nome la compagnia Effetto Larsen, guidata da Matteo Lanfranchi, attore diplomato alla Paolo Grassi. Il loro ultimo lavoro, “Aggregazione” ha vinto alla Biennale Giovani Artisti d'Europa e del Mediterraneo di Skopje nel settembre dello scorso anno. Si tratta di uno studio sulle relazioni umane: una serie di scene separate che presentano in modo particolare e ironico alcune situazioni tipiche delle vicende di tutti i giorni. Relazioni semplici, relazioni complesse, amore, solitudine, tradimento, rabbia. In scena sette attori (Yann Altavilla, Renato Avallone, Elisa Bottiglieri, Beatrice Cevolani, Luna Paese, Marco Ripoldi, Laura Tepée Triscritti) più lo stesso Lanfranchi che fa da voce narrante. Si inizia con una scena corale di movimenti in controluce: sagome che si compattano, per poi disgregarsi, per poi compattarsi ancora, come uno stormo. Poi, subito, ci viene mostrata senza mezzi termini la nostra naturale diffidenza nei confronti degli sconosciuti: un uomo chiede un abbraccio ma, come prevedibile, nessuno ora muoversi… al massimo si ridacchia. Nelle scene successive si parla di tradimento, di pregiudizio, di paura, di solitudine. “Aggregazione” è un viaggio nelle sfumature dei sentimenti e dei comportamenti umani osservati attraverso il filtro delle convinzioni, delle credenze, delle tradizioni di comportamento affermate. Alcune soluzioni trovate sono interessanti, curiose e ben realizzate - penso alla serie di stop che ritraggono in progressione qualche frame della fine di una storia d’amore – ma è ben evidente che si tratta di un work in progress ed ha ragione Lanfranchi quando parla di performance piuttosto che di spettacolo. “Aggregazioni” è uno spunto, l’inizio di un lavoro che - se semplificato, snellito (ora si percepisce una sorta di insistenza su alcune soluzioni azzeccate che vengono sottolineate e sfruttate fino a risultare pesanti) e unificato - può diventare a tutti gli effetti uno spettacolo. Il tema centrale dichiarato - ciò che ha dato nome al primo lavoro della compagnia – Dukkha (termine sanscrito pressoché intraducibile che indica l’incapacità di essere soddisfatto, la frustrazione), non è ancora pienamente sviluppato e chiaro, ma il lavoro sul corpo come elemento base che costituisce il fondamento di ogni nostra interazione con noi stessi e l’esterno è ricco di idee: il corpo crea le condizioni di ogni situazione, le nostre reazioni fisiche guidano le relazioni. Ogni stimolo fisico si traduce in un effetto sentimentale, emotivo, in un gioco chimico che, almeno secondo il messaggio che ci arriva senza mezzi termini, non lascia scampo.
Visto il 22/01/2010
al teatro Guanella di Milano (MI)
