Teatro

'Vesuvius Ascension', la preghiera laica di Avitabile sulla bocca del Vesuvio

Il compositore partenopeo, protagonista della XXI^ Edizione del Pomigliano Jazz Festival, ha incantato gli spettatori tra le nebbie del Monte Sacro con un progetto ideato esclusivamente per la particolare location.

'Vesuvius Ascension', la preghiera laica di Avitabile sulla bocca del Vesuvio

Lo spettacolo di Enzo Avitabile di mercoledì scorso nell’ambito del Pomigliano Jazz Festival è un appuntamento con la salita al Monte Sacro, lo Sterminator Vesevo, culminata sulla sua gigantesca bocca avvolta da nuvole di nebbia, dove il compositore di Marianella, adornato da una stola colorata su abiti scuri e con un piccolo rosario nella mano sinistra, ha onorato la Montagna come solo a un sacerdote devoto è consentito.

Lo ha fatto a modo suo, componendo uno spettacolo esclusivo e irripetibile dal titolo Vesuvius Ascension – Illuminare non bruciare, un omaggio, come egli stesso spiega, al fratello John Coltrane, intriso di misticismo e ricco di contaminazioni, naturalmente con colori e sonorità del sud del mondo.

A prendere per mano il pubblico e ad accompagnarlo verso l’ascensione Rino Zurzolo al contrabbasso, Gianluigi Di Fenza alla chitarra acustica e il pakistano Ashraf Sharif Khan al sitar che hanno tessuto, con la complicità del saxello di Avitabile (uno strumento a metà tra la ciaramella e il sax), trame sonore in bilico tra noise, proteso delicatamente verso la psichedelia, free jazz, per celebrare i cinquant’anni di Ascension di Coltrane, folk con innesti rap e scat e naturalmente musica della tradizione popolare.

Non poteva infatti mancare in scaletta “Madonna nera”, scandita dal contrabbasso di Zurzolo su cui il vate Avitabile ha ricamato le parole di “A Peste” a mo’ di veloce cantilena per poi lasciar fluire nel vento l’energia sacra del sitar di Khan. Il pubblico, in religioso silenzio, ha applaudito alzando le mani e oscillandole lievemente nell’aria.

Nel corso dello spettacolo le contaminazioni hanno assunto le sembianze, tra le altre, di idiomi antichi come il griko, ancora in uso in alcuni paesini del Salento, lingua in cui il maestro ha eseguito “Thalassa Cardia”, per poi omaggiare, sempre a suo modo, con “Kora e Core” e “A Love Supreme” il mistico sassofonista statunitense, affidandosi in quest’ultimo caso allo straniante suono del sitar.

E gli omaggi sono continuati, questa volta ai ciaramellari, con tammurriate sul groove del saxello e dell’ipnotico strumento a corde indiano mentre uno spiraglio di sole lasciava intravedere il Golfo di Napoli in tutta la sua bellezza. Il ritorno al cielo di Avitabile e dei suoi musicisti si è compiuto con l’ultimo brano “Vesuvius Ascension”, ideato e composto per la particolare location, in cui, tra ritmiche contaminate di musica popolare, country e orientale, il ritornello-mantra “allummà non abbrucià”, è risuonato come un’esortazione e allo stesso tempo come un monito. E nel frattempo che il pallido sole andava morendo e dalle viscere del cratere saliva la nebbia avvolgente, il pubblico commosso si è sciolto in un appaluso, questa volta decisamente sonoro.

Ornella Esposito

  Redattore

Classe '73, mi occupo di sociale e cultura praticamente da quando sono nata. Il mio pallino sono i deboli, quelli che vivono ai margini. Testa dura pi...

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