
Oltre trecento persone, tra addetti ai lavori ed appassionati, nel Salone degli Specchi del Teatro di San Carlo di Napoli, per ascoltare (con traduzione simultanea) il novantaduenne attore e regista britannico, considerato tra i massimi conoscitori di Shakespeare.
"Non sono un maestro!"
Il drammaturgo, in pantaloni scuri e camicia rossa, è salito sul palchetto del foyer, introdotto dal Direttore del Festival Ruggiero Cappuccio, e scherzosamente ha subito voluto sfatare due miti: "Non sono un maestro e non mi sono occupato solo di Shakespeare", ha detto. Dopo queste "doverose" precisazioni, Brook è stato un placido fiume in piena di riflessioni, partendo da un assunto di base: non è importante chi fosse realmente Shakespeare, ma ciò che è riuscito a suscitare in noi.
Il Bardo -ha detto in sostanza il regista- si è occupato di sentimenti che appartengono al genere umano, come la gelosia, l'ambizione, il potere ed il denaro, utilizzando un linguaggio semplice. Nelle opere di Shakespeare si trova l'umanità, non il pensiero politico dell'autore ed è questa la virtù più grande del "genio irripetibile".
Personaggi sempre moderni
Consequenziali quanto d'effetto, i suoi collegamenti dei personaggi shakespeariani alla società moderna (cui spesso ha fatto cenno citando, tra i tanti, Trump e Berlusconi): fra gli altri, ecco Jago, che in Otello viene scalzato da un uomo dalla pelle nera verso il quale nutrirà profondo odio, oppure Re Lear che, invano, cerca di evitare la guerra dividendo in parti uguali il suo regno.
Ed a proposito di attualizzazione, il maestro (ebbene si, noi continueremo a chiamarlo così, nonostante la sua premessa...) ha annunciato che nel febbraio prossimo tornerà a Napoli con lo spettacolo Battlefield, "perchè -dice- oggi tutto il pianeta è un campo di battaglia".
Allo scadere dei 90' previsti, il maestro si alza in piedi, scherza ancora un po' con il pubblico chiedendogli di mimare la bevuta di un bicchiere d'acqua, e strappa la sua ultima ovazione.