
Il teatro sempre più spesso rifà il verso al cinema. Il cinque febbraio a Polignano e il sette a Conversano va in scena “Il rompiballe”. Nel 1974 Edouard Molinaro diresse Lino Ventura e Nino Castelnuovo in “L’emmerdeur”, tradotto da noi con “Il rompiballe”. Un “killer” appostato in un albergo di Montpellier, per sparare a un testimone scomodo, è “costretto” a fare amicizia con il petulante e appiccicoso vicino di camera, a causa del quale non riesce a compiere la sua missione. Finito in galera, si ritrova compagno di cella il rompiscatole, al quale non può più sfuggire. E’ una commedia divertente e briosa, sceneggiata da Francis Veber (che da regista, recentemente, ha diretto “Sta zitto … non rompere” con Jean Reno e Gérard Depardieu), con la classica “aria di Francia”, dice Mereghetti, che si respira in ogni dialogo, inquadratura e passaggio. Fu rifatto da Billy Wilder col titolo “Buddy Buddy”. Per Morandini “L’emmerdeur” è una macchina che funziona alimentata da dialoghi spiritosi e bravi attori.
In “Buddy Buddy” Billy Wilder diresse Jack Lemmon e Walter Matthau. In “Quando la moglie è in vacanza” (“The Seven Year Itch”, 1955) diresse Marilyn Monroe. La commedia di George Axelrod va in scena a Castellana il 24 febbraio. Rimasto a Manhattan dopo aver spedito moglie e figlio nel Maine per le vacanze estive, il direttore di una piccola casa editrice, marito esemplare da sette anni, si trova alle prese con l’avvenente e ingenua nuova vicina di casa (Monroe). Sceneggiato da Wilder e Axelrod, il film prende di mira le ossessioni erotiche dell’americano medio, “maschio cacciatore” come gli Indiani del prologo, ma inibito e represso: di fronte alle tentazioni, l’Uomo Qualunque del Ventesimo Secolo si rifugia nell’immaginazione (da antologia la scena del corteggiamento al ritmo del Concerto n. 2 di Rachmaninov – ironica citazione della colonna sonora di “Breve incontro” – e la fantasia di baciare la preda “rapidissimo e vorace”) permettendo a Wilder di mettere a nudo l’immaginario collettivo, cinematografico per il protagonista (da “Il mostro della laguna nera” a “Da qui all’eternità”, dal melodramma a Lubitsch) e televisivo-consumistico per il figlio (il costume spaziale) e stigmatizzandone con ironia tutti i luoghi comuni. Meravigliosa tramite tra reale e fantasia è la Monroe, mito allo stato puro che gioca a fare la caricatura del suo personaggio di svampita irresistibile (è qui la celeberrima scena della gonna sollevata dal vento della sotterranea e la battuta sugli “intimi” lasciati in frigo per combattere l’afa).