
Dopo l'omaggio di successo allo scrittore, poeta, regista, drammaturgo, l'eclettico Pasolini, torna a calcare il palcoscenico Massimo Mirani, non più in un monologo, ma con Mariangela Imbrenda, dal 16 al 18 dicembre. Sui passi dei padri del genere letterario della favolistica, nasce una risemantizzazione tutta moderna: Una favola da asporto, in scena al Teatro San Paolo di Roma, per la regia di Daria Veronese.
Nonostante si tratti di un genere lontano, arcaico, le cui radici hanno trovato terreno fertile sin dal XIII secolo a.C., in Egitto, attraverso l'India, il frigio Esopo, il latino Fedro, i fratelli Grimm, Trilussa, la favolistica continua ad affascinare l'uomo, catturando facilmente l'attenzione dei piccoli per traghettarli in una dimensione altra, un mondo lontano, magico ed affascinante, tanto quanto quello concreto, che non sentono ancora loro e desiderano solo scoprire ed esplorare.
Contemporaneamente anche l'individuo più adulto viene condotto in un "illo tempore", nel quale la crisi dell'esistenza quotidiana può trovare una risposta mitica, appartenuta a quel tempo lontano, capace di fungere da solvente contro ogni dubbio dell'attualità. La funzione apotropaica, si fonde con delle note candide, lievi, bianche come lo zucchero a velo e calde come i biscotti di marzapane: è Natale.
Il periodo dell'anno in cui si tirano le somme, nel quale ci si rende conto di aver forse tralasciato gli affetti, di aver scordato qual è esattamente il gusto di una cioccolata calda alla gianduia , dell'essere diventati degli automi in frenesia costante. Sarà l'amore, sarà un bene profondo, sarà un albero con tante luci accese, saranno tanti personaggi fantastici ad animare il mese più freddo dell'anno e a rendere gli animi meno burberi?
Le favole hanno sempre una morale e proprio a tal proposito, sarà il pubblico a scegliere il finale, così come in scena, così nella vita.
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